Augusto Migliavacca
(1838-1901) – Suonatore ambulante
La vita: Nato non vedente, fu avviato in giovane età dai familiari allo studio del violino, ma essendo di umili condizioni, non seguì un’alta carriera concertistica, ma quella del suonatore ambulante. Fu un grande virtuoso, ricordato come il “Paganini dei suonatori ambulanti” e accompagnava il violino con il canto, avendo anche una bella voce. Alla sua morte, fu indetta una sottoscrizione sulla “Gazzetta di Parma” per erigergli un busto al Cimitero della Villetta, cosa che testimonia quanto fosse amato dai suoi concittadini. Venticinque anni dopo la sua morte, Bruno Barilli lo immortalò in un sanguigno e potente ritratto che è una delle pagine più belle del Paese del melodramma.
Le opere: Di grande estro compositivo, oltre alla nota mazurca variata che porta il suo nome e che lo rese famoso, Migliavacca ha composto e dato alle stampe una nota marcia (Un addio alla brigata Ancona), una polka (Gli ultimi giorni di Carnevale), un grazioso valzer (Luce dell’anima), e alcuni suonatissimi valzer (L’usignolo, Gentil pensiero, La pace del cuore).
Il monumento: Al centro dell’Arco 67 si trova il monumento ad Augusto Migliavacca, il musicista cieco famoso per le sue melodie, opera dello scultore parmigiano Riccardo Del Prato (1873-1950), insegnante di plastica all’Istituto d’Arte e autore dei rilievi della facciata delle Poste in Via Pisacane e di palazzo Serventi in Via Mazzini (questi ultimi in collaborazione con Alessandro Marzaroli). La sottile lastra applicata al muro di fondo dell’arco, riproduce in visione prospettica, la sagoma di una tipica sepoltura a terra del periodo. Le lettere “Alfa” e “Omega” ricordano la figura di Cristo, inizio e fine di tutte le cose, e la clessidra con le ali, posta alla sommità dell’arca, rimanda alla fuggevolezza del tempo e all’incombenza della morte: simboli assai diffusi e frequentissimi in tutto il cimitero. Il busto, di felice mano, pur nella sottigliezza dello spessore delinea con dettaglio la tipica figura del musicista. Migliavacca, con gli occhi chiusi e lo sguardo sereno, è in giacca e panciotto; un cravattino gli chiude il collo della camicia. Il testo dell’epigrafe è stato dettato dal poeta parmigiano Carlo Carraglia (1854-1906), collaboratore del Malaspina nella redazione del noto Dizionario Parmigiano-Italiano e direttore del giornale politico, letterario e artistico “Il Goliardo”. “Il Municipio interpretando/ il voto cittadino accordava/ con unanime suffragio/ il terreno a perpetuità”.