Famedio Cleofonte Campanini, 1919

Gian Giuseppe Mancini (1881-1954)

Il monumento: il famedio di Cleofonte Campanini, opera dell’immaginifico architetto toscano Gian Giuseppe Mancini è databile al 1927. Ha pianta quadrangolare, di circa cinque metri di lato e presenta una serie di parallelepipedi rivestiti in granito che, restringendosi verticalmente, formano l’imponente basamento ad un colossale gruppo statuario bronzeo di otto metri d’altezza Raffigura un organo aperto che accoglie, come in una nicchia, una figura femminile probabile allegoria della musica, con una lunga e aderente tunica velata, protesa a lanciare verso il cielo un nugolo di colombe. Alla base del gruppo scultoreo si trovano due altorilievi raffiguranti, rispettivamente, a sinistra “l’Aurora” e a destra “il Tramonto”: simboliche raffigurazioni dell’inizio e della fine della vita, opere dello stesso Mancini con la collaborazione dello scultore parmigiano Carlo Corvi (1904-1978).
In facciata è posta una ricca panoplia con una ghirlanda d’alloro e mani che reggono, come un leggio, un libro aperto recante la dedica «Cleofonte Campanini, vivificatore magnifico di poemi musicali, onorò nei teatri del mondo, sé e la patria. Parma 1 settembre 1860 – Chicago 19 dicembre 1919».
L’interno, cui si accede sul lato posteriore da un cancello in metallo dalla notevole decorazione Déco, è caratterizzato da un soffitto a cupola con bassorilievi in stucco raffiguranti dei cantori che innalzano le loro note verso un cielo caleidoscopico, formato da cerchi concentrici, dove una continua invenzione di forme e colori, con prevalenza del verde e del blu, giunge a circondare il rilievo dorato del volto di Cristo.
Al fondo dello straordinario ambiente si trova una lastra, costituita da elementi marmorei montati diagonalmente; questi sorreggono una composizione plastica in marmo dipinto raffigurante un cerchio di colombe dalle ali spiegate che abbracciano la mano d’oro del direttore d’orchestra. La raffigurazione, a forma di stella si incastona in un vetro color rubino ed è circondata da inserti in mosaico. Nella cripta sono raccolte anche le spoglie del fratello Italo, della moglie Eva Tetrazzini (1862-1938) e del compositore e organista Luigi Ferrari Trecate (1884-1964). L’imponente monumento è oggi di proprietà del Conservatorio di Parma a cui è stato donato dagli eredi Campanini.

La vita: Gian Giuseppe Mancini era nato a Pietrasanta, in provincia di Lucca il 26 aprile 1881 da Olinto, marmista, e da Maria Bertozzi. Compì con profitto i primi studi a Carrara; appena diciannovenne fu a Parigi per un breve periodo; quindi si trasferì a Roma, dove si diplomò in disegno architettonico all’Istituto di Belle Arti della capitale nel 1902. Partecipò a vari concorsi d’architettura nazionali e internazionali (Palazzo della Pace dell’Aja), ottenendo premi e menzioni. Nel 1904 ottenne il pensionato artistico nazionale e vari premi gli vennero assegnati in esposizioni a Parigi (1904), Milano (1906) e Roma (1911) e, tra altri, nel concorso per il monumento al fante sul San Michele. Dal 1912 insegnò all’Istituto di Belle Arti di Parma. Nel 1930 fu chiamato a ricoprire la cattedra di composizione architettonica prima all’Accademia di Brera e poi al Politecnico di Milano di cui fu anche preside. Moriva a Milano il 19 marzo 1954 ed è sepolto nella tomba Buselli nel cimitero di Querceta in comune di Pietrasanta.

Le opere: i suoi progetti architettonici degli anni Dieci, traendo spunto dalla lezione della Wagnerschule, si proiettano verso esiti di monumentalità fantastica di forte accentuazione scenografica. Dopo la prima guerra mondiale progettò e costruì per l’amico drammaturgo Sem Benelli la villa-castello di Zoagli, ove, attraverso l’esperienza delle sue prime composizioni esuberanti di fantasia ed eclettiche, l’arte del Mancini appare matura. Operò contemporaneamente in altri rami delle arti figurative e si ricordano le sue fantasiose scenografie per L’amore dei tre Re e per l’Excelsior alla Scala di Milano (1915). Tra architettura e scultura, si collocano la tomba monumentale per il maestro Campanini e la Cappella Dall’Olio nel cimitero di Parma e la targa commemorativa per gli studenti Caduti della I Guerra mondiale all’Università di Parma. Tra i suoi saggi nel campo dell’illustrazione del libro, si ricordano La Festa del grano di Fausto Salvatori (1909) e Rosamunda di Sem Benelli (1912), i cui disegni manifestano echi secessionisti.

Costeggiando il famedio Campanini e dirigendosi verso l’Oratorio di San Gregorio Magno, sulla sinistra si raggiunge il monumento Rosazza.

01. Ritratto fotografico dell’architetto Moderanno Chiavelli intorno al 1910 (Collezione privata, Parma).
02. Edicola Romanelli, facciata.
03. Foto del modello preliminare dell’Edicola Romanelli, 1923 (Collezione privata, Parma).
04. Foto dell’Edicola Romanelli al termine dei lavori, 1924 (Collezione privata, Parma).
05. Foto dell’ingresso dell’Edicola Romanelli al termine dei lavori, 1924 (Collezione privata, Parma).