Edicola Corazza, 1925
Ennio Mora (1885-1968)
Il monumento: l’edicola, databile al 1925, porta la firma dell’architetto Ennio Mora e si presenta, anche in virtù della sua posizione centrale rispetto ai quadranti della zona Nord-Est, come una vera e propria cappella.
L’edificio, in stile neoromanico e particolarmente ricco di decorazioni, presenta un protiro nella facciata principale con timpano soprastante, la cui lunetta è decorata da un mosaico raffigurante un angelo in tunica rossa che regge un ramoscello di ulivo, simbolo universale della pace, che si staglia sul fondo oro.
Una bifora si apre sulla parete posteriore mentre archetti pensili fanno da cornice al tetto a due falde.
Gli elementi ornamentali (gli acroteri agli angoli, i capitelli con foglie, le ciotole smaltate in vari colori che impreziosiscono il sottotetto, le cornici di fiori, la scanalatura delle colonnine) rendono l’edicola particolarmente sontuosa.
La vita: nato a Parma il 2 febbraio 1885, Ennio Mora frequentò con particolare profitto l’Accademia di Belle Arti di Parma; allievo di Edoardo Collamarini (1863-1928) dal 1897 al 1907, conseguì infine il titolo di professore di disegno architettonico. Nel 1906 frequentò anche a Milano un corso presso la Società Scenografi del Teatro alla Scala, dimostrando attitudine non comune; coltivò la pittura, cominciando a dedicarsi all’acquerello fin dai primissimi anni del XX secolo, per tutta la sua esistenza.
Si dedicò alla libera professione a Parma, realizzando numerosi edifici residenziali.
Nonostante il fortunato inizio dell’attività professionale, incline per temperamento ai gesti decisi, affrontò nel 1912 un lungo viaggio in mare verso Buenos Aires. Nel giro di pochi mesi ottenne la cattedra per l’insegnamento della prospettiva nell’Istituto di Belle Arti della capitale argentina. Oltreoceano si aprì per lui una carriera densa di promesse. Oltre ad affermarsi nell’insegnamento, riuscì a progettare importanti edifici in diverse zone della città. Ma la vicenda politica europea precipitò improvvisamente con lo scoppio della Prima Guerra mondiale. Rimasto sempre idealmente legato alla sua Patria, pur avendo un avvenire sicuro in Argentina, s’imbarcò sul primo piroscafo per l’Italia e corse ad arruolarsi. Ritornato nella città natale alla fine della guerra, con volontà tenace accompagnata da una preparazione esemplare, riuscì a colmare il vuoto della lunga assenza e riprese il lavoro con rinnovato entusiasmo, riallacciando i rapporti professionali a lungo interrotti e dedicandosi in modo particolare all’edilizia residenziale per la borghesia cittadina, proseguendo l’attività anche dopo il secondo conflitto mondiale. Lavoratore di solidissima tempra, Mora frequentò i cantieri sino agli ultimi mesi di vita. Si spense ottantatreenne, a pochi giorni di distanza dalla moglie, ancora laborioso e vitale e più che mai interessato ai problemi architettonici e urbanistici della sua città, il 26 dicembre 1968.
Le opere: il primo progetto firmato da Mora fu la trasformazione di Palazzo Podestà (1908), situato all’angolo tra via Cavour e borgo Angelo Mazza, seguito da palazzo Malpeli (1910), di fronte all’edificio della Corte d’Assise e da villa Manfredi (1912), oltre i limiti orientali del centro storico, tutti caratterizzati da forti influssi Art Nouveau.
Dopo la fine del primo conflitto si apriva, per Parma, un decennio di intensa attività edilizia, specialmente nel settore residenziale. I viali periferici, soprattutto quelli a Sud della città, si andavano popolando di case unifamiliari, circondate da aree coltivate a giardino. Molte di queste portarono la firma di Mora: tra le tante, villa Rampini in viale Solferino, villa Scotti e villa Razzaboni sullo Stradone, portate a termine nel triennio 1919-1921, villa Rossi-Gasparri e villa Soncini-Gabbi (1923) in viale Campanini. Da segnalare anche palazzo Amoretti (1920) in via Trento e casa Peracchi (1920) in via Mazzini. Nel 1922 inizia lo studio per il campanile della chiesa di Collecchio, ispirato a quello del Duomo di Parma. Nel 1923 progetta, affiancato dall’ingegner Alfredo Provinciali, la sede della Camera di Commercio dietro via Mazzini e, in collaborazione con Atanasio Soldati, la facciata della chiesa di Sant’Alessandro. Una certa sensibilità razionalista emerge dalle realizzazioni degli anni Trenta: palazzo Negri (1934) in borgo Paggeria, palazzo Merli (1935) in via Oberdan, la chiesa del Sacro Cuore (1937). Nel 1938 accetta l’incarico di costruire palazzo Medioli, al limitare di piazza Ghiaia, la prima casa alta di Parma, oggetto di numerose polemiche. La scelta del Mora fu irreversibile e le numerose costruzioni che seguiranno, sino agli anni Sessanta, non avranno più nulla in comune con quelle realizzate nel primo quarto di secolo. Particolare significato rivestono le case popolari in via Milazzo (1938), palazzo Mantovani (1952) alla fine di via Garibaldi, e il condominio per i dipendenti della Cassa di Risparmio.
Tra le opere funerarie vanno ricordate, a Parma, le cappelle della famiglia Lagazzi-Rizzoli (1919), Corazza (1925), Molinari (1929), Contini (1931), Mordacci Peracchi (1931), Chiari (1938), Pizzetti Braibanti (1943-49), Ferri (1951) e Scotti (1952).
Fuori città vanno menzionati il monumento ai Caduti di Soragna (1923), casa Tarasconi a Sala Baganza (1925), villa Montagna a Collecchio, l’asilo infantile di Traversetolo (1960), una chiesa parrocchiale a Marina di Massa (1933).
Volgendo a destra, rispetto alla facciata dell’edicola Corazza, e raggiungendone lo spigolo posteriore destro si percorre il vialetto diagonale fino a raggiungere il porticato dell’Ottagono. Svoltando a sinistra, sotto l’arco 46 si incontra l’armoniosa Arca Schianchi Gnecchi