Le sepolture al centro dell’Ottagono

L’area centrale dell’Ottagono, in origine destinata ad accogliere le sepolture comuni a terra, risulta oggi occupata da numerosi manufatti di epoche e stili diversi.
Le tombe più antiche, ancora oggi visibili lungo il controviale centrale sinistro, risalgono al terzo decennio dell’Ottocento con una disposizione compatibile alle indicazioni del progettista Giuseppe Cocconcelli (1740-1819), che prevedeva una collocazione lungo i viali principali a delimitazione dei quattro settori destinati alle inumazioni comuni e presentano le stesse tipologie: dalla stele classicheggiante in cui il profilo del defunto è inserito in un medaglione ornato di nastri, alle colonne spezzate in cui gli epitaffi sono inscritti in ghirlande di fiori. I motivi simbolici e decorativi sono di derivazione classica: le torce capovolte, il serpente che si morde la coda, urne velate, giovani efebi che contemplano tristemente il ritratto del defunto, ghirlande floreali…
Agli inizi del Novecento iniziò la costruzione di monumenti destinati a sepolture di famiglia che in pochi decenni – soprattutto fra il 1925 ed il 1940 – hanno trasformato i campi erbosi in aree densamente costruite con edicole – in alcuni casi di elevata qualità formale – opera di progettisti e artisti di livello.
Le tipologie ricorrenti, tutte derivate dall’architettura classica romana ed ellenistica, sono riconducibili al mausoleo, nelle forme di tomba a edicola, tomba a torre e colonna commemorativa. La tomba a edicola simboleggia una porta o una finestra, cioè un “luogo di passaggio”; la tomba a torre e la colonna commemorativa celebrano il defunto attraverso tumuli monumentalizzati.
I caratteri stilistici, prevalenti fra Liberty e Déco, sono spesso fusi tra loro in un insieme complessivamente eclettico, nel quale l’architettura si fonde alla scultura e l’ornamento sottolinea numerosi riferimenti simbolici.
Molteplici sono anche i materiali utilizzati, prevalenti nelle varie epoche storiche.
Le tombe ottocentesche sono realizzate quasi esclusivamente in pietra grigia con ornamenti e arredi semplici in bronzo e ferro battuto, piccole sculture in marmo bianco o mezzibusti in bronzo; in quelle successive e nelle edicole dominano la pietra artificiale (graniglia di marmo e cemento bianco o grigio) il mattone, il travertino, i marmi levigati, con elementi ornamentali variati, come mosaici, pitture, sculture, cancelli in ferro battuto di notevole fattura.
Nel complesso i manufatti che si trovano al centro dell’Ottagono sono un’interessante vetrina dei fermenti artistici degli ultimi due secoli e offrono una variegata documentazione dell’opera degli autori parmensi tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.
Tra le tombe che meritano di essere ricordate figurano quella di Nicolò Paganini (1782-1840), al centro del riquadro Sud-Est, in stile ancora neoclassico e voluta dal figlio Achille nel 1876, vicino alla quale si trova pure quella, semplicissima, del musicista Ildebrando Pizzetti (1880-1968). Pure di gusto neoclassico è la tomba Rosazza, dell’impresario edile costruttore del Ponte sul Taro e del Teatro Regio. Scenografico il famedio di Cleofonte Campanini (1860-1919), ubicato all’incrocio dei viali, con una straordinaria fuga di canne d’organo, eretto dall’architetto Gian Giuseppe Mancini (1881-1954) nel 1927. L’architetto Ettore Leoni (1886-1968) ha eretto le edicole Medioli ex Romanini (decorata nel 1929 da un mosaico raffigurante un guerriero opera di Daniele de Strobel (1873-1942)) e la cappella Bormioli.
Sono da ricordare anche la piramide del garibaldino Paolo Coppi (1849-1931) sormontata dalla figura maschile che guarda il teschio scolpita da Alceo Dossena (1907/1954) e Umberto Rossi (1878-1963), l’edicola Romanelli progettata dall’architetto Moderanno Chiavelli (1869-1962), con l’ardita composizione scultorea di Emilio Trombara (1875-1934), la cappella Corazza, dell’architetto Ennio Mora (1885-1968), Grassi e Milza di Camillo Uccelli (1874-1942) e le tombe di Padre Lino Maupas (1866-1924), sulla destra dell’ingresso; del sindacalista Alceste de Ambris (1874-1934), e del poeta Renzo Pezzani (1898-1951) sulla traversa di destra.
Al prolifico architetto Mario Monguidi (1896-1960) si devono la sepoltura Carpi, sul viale di sinistra, caratterizzata dalla grande figura teatrale in marmo bianco attribuita ad Alessandro Marzaroli (1868-1951); sul viale di destra, l’edicola Merli, con la statua dalle assonanze klimtiane di Gugliemo Cacciani (1892-1969) e l’edicola Déco Dall’Aglio-Zanzucchi dall’ardita sagoma a cuspide, e, sul viale centrale, la sepoltura dei coniugi Gardelli (1923) con il mosaico raffigurante la palma.
Attraverso il viale principale si torna verso l’ingresso, osservando, sulla sinistra la slanciata edicola Azzoni dai notevoli ferri battuti, concludendo il percorso.