Monumento Rosazza, 1830-1840

Cerchia di Tommaso Bandini (XIX sec., prima metà)

Il monumento: il tempietto, sormontato da quattro timpani, a base rettangolare su un basamento a gradini in granito rosa, presenta sul lato anteriore una nicchia che accoglie una statua in marmo classicheggiante raffigurante un fanciullo che appoggia su una colonna spezzata una corona di fiori. Sulla sommità della colonna vi è un’urna cineraria con un drappo, nel centro si trova il profilo di Rosazza scolpito ad altorilievo. Sottostante alla nicchia è posto un cartiglio con motivi decorativi laterali a palmette e foglie d’acanto con incisa la dicitura «Monumento Rosazza». La parte superiore del tempietto è decorata su tutti i lati con elementi floreali e simbolici, festoni e stemmi di famiglia. Negli angoli vi sono fiaccole rovesciate, simbolo della morte. Anche il tetto presenta decorazioni angolari e simboli, come l’ouroboros, legati al tema della morte e dell’eternità.
Il monumento Rosazza sorge in posizione privilegiata – anche se oggi risulta in seconda fila – all’incrocio dei due viali centrali del cimitero, nell’angolo di Nord-Ovest. Di raffinata eleganza è un esempio delle sepolture di rilievo che potevano trovarsi nel cimitero della prima metà dell’Ottocento. È in realtà possibile che si tratti di un allestimento successivo alla prima sepoltura del Rosazza. Infatti la statua del fanciullo dolente che reca una corona di fiori sulla colonna spezzata con l’immagine del defunto è scolpita a tutto tondo e presenta, al retro della colonna, quindi in posizione oggi non visibile, il simbolo funebre della torcia rovesciata. È quindi verosimile che il gruppo scultoreo fosse, in un primo tempo, visibile a tutto tondo ed in altra collocazione o configurazione. L’opera, non firmata, appare, comunque, di buona mano, con forti analogie compositive all’Amore e Psiche del Canova e potrebbe stilisticamente avvicinarsi a Tommaso Bandini (1807-1849) allievo parmigiano di Lorenzo Bartolini a Firenze.
Significativo anche il campionario simbolico utilizzato, ampiamente diffuso all’epoca: le torce rovesciate ricordano lo spegnersi della vita, come la colonna spezzata, l’urna delle ceneri ed il sudario. La corona di rose – fiori che si offrono a chi si ama – è frequente nelle sepolture ottocentesche ma assume, qui, anche una connotazione “parlante” per l’evidente assonanza con il cognome del defunto. L’ouroboros, il serpente che si morde la coda, scolpito nei timpani laterali, riprende quello posto all’ingresso del Cimitero e ricorda l’eterno fluire del tempo, la caducità delle cose umane e la continua rinascita. Simboli, peraltro, “laici” privi di riferimenti specificamente religiosi, presenti solo nella croce greca del timpano anteriore e nelle foglie d’acanto, che rimandano presso i popoli del Mediterraneo al tema dell’eternità e per i Cristiani alle spine della passione di Cristo che lasciano il posto alla resurrezione. La piccola ma significativa costruzione, non firmata, può essere attribuita ad abili artigiani parmensi attivi nella prima metà dell’Ottocento.

La vita: Amedeo Rosazza Pistolet (Rosazza, 1785 – Parma, 1830). Imprenditore edile come il padre Bernardo, si stabilì a Parma nel 1813 dove trovò fortuna sotto il governo di Maria Luigia. Gli furono affidati i lavori di importanti costruzioni: il Cimitero della Villetta (1817-1819), il ponte sul Taro (1821), il Casino dei Boschi (1819-1826), il Teatro ducale (1825-1829), la villa del Ferlaro lasciata incompiuta (1828). Scomparso prematuramente a soli quarantacinque anni, lasciò la moglie Giuseppina De Albertis e cinque figli, costretti a privarsi di molti beni per fronteggiare i debiti di lavoro contratti dal padre.

Il percorso prosegue verso l’Oratorio, dove si incontra, sul lato sinistro, l’edicola Bormioli.

01. Profilo di Amedeo Rosazza Pistolet scolpito sulla colonna spezzata del suo monumento funebre.
02. Monumento Rosazza, facciata e prospetto Sud.
03. Statua del fanciullo dolente posta nella nicchia della facciata, attribuibile alla cerchia di Tommaso Bandini.
04. Particolare del fregio d’angolo con la torcia rovesciata, un elemento simbolico della fine della vita particolarmente diffuso nella prima metà dell’Ottocento.